14 dicembre 2023, Roma. Per tutta la serata ho pensato: vorrei che ci fosse, Marisa Rodano. Mi aveva commosso il suo libro “Memorie di una che c’era”, uscito nel 2010. Mia nonna se n’era andata quell’anno, anche lei il 2 dicembre come Marisa pochi giorni fa. Anche lei aveva vissuto a lungo, nonostante sofferenze, fatiche (e gioie), fino a 99 anni e 9 mesi. Marisa, invece, ci ha lasciati a 102 anni.
Ci sono state le donne come Marisa, con azioni e ruoli istituzionali importantissimi. Lei partigiana, cofondatrice dell’Unione donne in Italia (Udi), prima vicepresidente della Camera, parlamentare, deputata europea, visionaria della libertà e della parità di genere. E intorno a queste donne ce ne sono state moltissime altre – come le nostre nonne e bisnonne – che dalle loro battaglie politiche e umane hanno tratto insegnamento e ispirazione: donne povere, umilissime che pur non avendo potuto studiare si sentivano in dovere di trasformare l’Italia in un Paese più emancipato, moderno, giusto. Non importa in quale ambito si siano impegnate o quale mestiere abbiano svolto, il Novecento ci ha regalato giovani e adulte straordinarie grazie alle quali tutte noi possiamo (solo per citare alcuni esempi) studiare, votare e regalarci una mimosa che proprio Marisa Rodano scelse come fiore simbolo dell’8 marzo.
Seguire le donne come Marisa Rodano, quelle che c’erano quando si è lottato contro il nazi-fascismo e per altri decenni affinché le femmine contassero quanto i maschi, mi ha sempre consolato. Se ce l’hanno fatta loro a sopravvivere, possiamo non soccombere noi che siamo venute dopo, in tempi di pace seppure malandati. Quelle come me, nate negli anni ’70, diventate adulte nei ’90 con sogni sconfinati, non immaginavano che il nuovo Millennio si sarebbe imposto con arroganza e altri muri da abbattere. Lo scorso 14 dicembre Noi Rete Donne ha distribuito un rapporto di “cifre scomode” sulle donne italiane. Purtroppo, sono troppe, ingiuste e riguardano più settori. Mi soffermo su qualcosa che mi tocca da vicino e mi angoscia da tempo: il tasso di occupazione femminile in Italia continua a restare basso ed è addirittura uno dei più bassi d’Europa, sebbene le ragazze studino di più dei maschi e siano addirittura “sovraistruite”.
Una nota della ricerca di Noi Rete Donne spiega che cosa si intende per “Sovraistruzione”:
Mancata corrispondenza tra le caratteristiche dell’occupato (con particolare riferimento al titolo di studio posseduto) e quelle della professione svolta.
Perché, perché, perché? Il rapporto ovviamente approfondisce le cause della condizione femminile, ma viene ugualmente voglia di gridare. Non è accettabile che dobbiamo ancora fare i conti con madri costrette a lasciare il lavoro dopo il primo figlio, mobbing scatenato dall’invidia e prepotenza di alcuni maschi contro delle professioniste più preparate, colloqui di lavoro in cui per le stesse pulsioni maschiliste gli uomini sono preferiti alle candidate femmine, e così via. Veniamo ancora messe a tacere. Le nostre voci sono tuttora silenziate, soprattutto se abbiamo buone idee. Alle donne non è concesso il diritto di critica quanto agli uomini. Le donne non possono “lamentarsi”. Le donne – in larga misura – non riescono ancora a realizzare sogni sconfinati, soprattutto in quest’epoca di competizione malata ed endemica, di egoismo e individualismo, di nuove divisioni anche tra maschi e femmine.
Come possiamo reagire noi venute dopo? E le più giovani? Perché molte ragazze non si fanno vedere e sentire? Di sicuro, ci serve una Rete resistente che si allarghi sempre di più.
Noi Rete Donne, fondata da Marisa Rodano e Daniela Carlà, ha questo obiettivo: conservare il lavoro delle nostre nonne, madri, e farlo crescere. Qualche mese fa la segretaria generale di Italia-Birmania insieme, Cecilia Brighi, mi ha invitata a una video-conferenza per parlare di Myanmar (ex Birmania). È stata una delle poche occasioni in cui ho potuto raccontare il mio lavoro giornalistico su di un popolo abusato da 70 anni. Quindi adesso il mio pensiero va alle donne birmane e agli uomini che con loro si stanno battendo contro la giunta militare tornata al potere per mezzo di un golpe. La loro alleanza e resistenza per una reale democrazia è tanto straziante, quanto coraggiosa. Non dimentichiamo tutte le oppresse e gli oppressi, seguendo l’esempio delle donne e degli uomini che nel Novecento si sono uniti e sacrificati per noi.
Francesca Lancini