Francesca Lancini

“Visto che non credono nelle parole…
l’unico vocabolario che conoscono bene è quello delle frasi fatte.
Si dà il caso che io sia ancora fedele all’idea che la capacità di pensare con la propria testa dipenda dalla padronanza del linguaggio.”

Joan Didion

Chi sono

Il legame con la Storia

Sono cresciuta nell’hinterland milanese, col sottofondo dei radiogiornali, la tv spesso accesa e i quotidiani sparsi sul tavolo da cucina. Mia nonna, che mi accudiva, era una lettrice instancabile. E anche una narratrice che alternava il dialetto all’italiano.

I pomeriggi trascorsi ad ascoltare i suoi racconti sulle grandi guerre, sulla dittatura nazifascista, sulla Resistenza e sulla povertà, sulla pleurite curata in una stalla e sul panbagnato (spesso unico alimento per i bambini di quell’epoca) hanno rappresentato la mia prima formazione storica e politica.

Confezionare “giornalini” era diventato uno dei miei giochi preferiti. Con quella donna tanto esile quanto forte avevo in comune una curiosità entusiastica. E così, molto tempo dopo, a fine anni Novanta, con un bagaglio di studi classici e di comunicazione, ho compreso che comporre la “storiografia del presente” – come Umberto Eco chiamava l’informazione – per me costituiva una passione.

Tempio indù, India, 2007

Alla scoperta del mondo

Passione e dedizione

Nella Lisbona che si apriva alla globalizzazione avevo fatto le mie prime interviste per la tesi. In Irlanda del Nord avevo utilizzato le vacanze per visitare i luoghi ancora colpiti dal conflitto e cercare di capire lo stato d’animo delle persone. Non scorderò mai il volto teso e gli occhi cattivi della proprietaria di un pub: era l’assimilazione muta e in borghese della violenza.

Nei giornali locali ho appreso le dinamiche alla base delle redazioni, mentre in un’agenzia del centro di Milano ho scritto così tanto da guadagnarmi l’appellativo “premio gavetta”. Il mio ingresso negli esteri è avvenuto con uno stage a L’Unità a inizio 2000, sotto la direzione di Furio Colombo.

Pochi mesi prima avevo conosciuto Tiziano Terzani alla presentazione del suo libro “Lettere contro la guerra”. Avevo letto tutti gli articoli precedenti. I suoi reportage erano cristallini, perfetti: senza fronzoli, riusciva a rappresentare i sentimenti degli uomini e il loro contesto geopolitico. Terzani aveva una visione a più lati e una preparazione multidisciplinare. Da lì in poi decisi di seguire quell’approccio con determinazione.

L'interesse per l'Asia

L’approccio alla notizia

Nel 2003, in piena era post 11 settembre, sono diventata responsabile del desk Asia per Peacereporter, primo quotidiano online di esteri fondato dal connubio di Misna ed Emergency.

Ogni giorno scrivevo un pezzo con testimonianze dirette a più fusi orari. Seguivo gli inviati dall’Iraq all’Indonesia, gestivo giovani collaboratori, fino a partire per i primi servizi in due Paesi in guerra: Sri Lanka e Nepal. Ciò che mi interessava non era tanto la cronaca spicciola dei conflitti, ma le cause profonde e le conseguenze sia immediate sia a lungo termine che essi provocavano sui civili e sull’ambiente.

Un giorno caldissimo di giugno, appena fuori Kathmandu, si formò una fila di centinaia di persone. Erano i famigliari dei bepatta, gli scomparsi della guerra civile. Il primo uomo con cui parlai era il nonno di un ragazzo mai più ritrovato; la schiena piegata e il diabete, non gli avevano impedito di venire dalle campagne e camminare lentamente verso di me.

Intervento alla trasmissione Rai, Unomattina, 2021

All’interno di un campo rom in Albania, 2007

Una voce a chi non ce l'ha

Diritti umani, civili e ambientali

Da allora il filo rosso che mi ha guidata in questa difficile avventura sono stati i diritti umani, civili e ambientali. Ho cercato di “dare voce a chi non ce l’ha”, insegnamento di uno dei miei più cari direttori, Giulio Albanese.

Sul campo o dalla scrivania, ho sempre trovato avvincente cercare contatti e notizie di “prima mano”, guardare nelle pieghe delle storie, scavare, scavare, scavare.

Negli anni Dieci del nuovo millennio mi sono sempre più concentrata sul giornalismo di approfondimento.
Per East, diretto da Vittorio Borelli, ho curato rubriche e viaggiato dall’Albania alla Giordania dei profughi iracheni “invisibili”, ai quali ho dedicato un documentario trasmesso da Skytg24.

E da freelance ho scritto sempre di Asia, Cuba, Australia, Nord Africa per vari giornali italiani, tra cui L’Espresso, Il Venerdì, Wired, L’indro, Magazine Corsera, Il Manifesto.

Il periodo Francese

Inviata speciale per l’Italia

Attraverso il mensile francese Le Monde Diplomatique ho conosciuto la complessità di un genere unico: l’inchiesta che si mischia a tutto il resto, il reportage, l’intervista, l’analisi, e che richiede un fact-checking (controllo dei fatti e dei dati) rigorosissimo.

È per i francesi e le loro edizioni straniere che ho finalmente rappresentato l’Italia: la disillusione dei giudici di Mani Pulite, la crisi della sinistra, la scomparsa a macchia di leopardo dell’economia di vicinato e della piazza, un tempo cuore della comunità.

Con un fixer a Tirana, 2007

Oggi

Ritorno alle origini

A partire dal 2016 sul quotidiano e sulla radio di Lifegate – multimedia incentrato sull’equità e sulla sostenibilità – sono stata la prima giornalista italiana a denunciare la pulizia etnica e il genocidio contro i Rohingya del Myanmar, e a intervistare lo scrittore curdo-iraniano ed esule politico Berouz Boochani, mentre era in prigionia in un carcere offshore per ordine del governo australiano.

Fra i vari servizi, ho realizzato anche un’indagine sulla Memoria dei deportati politici dell’area di Sesto San Giovanni. Tornando in un territorio simbolo della sinistra e della lotta per i diritti, ho collegato passato e presente, e ripercorso la mia storia famigliare.

Solo dopo vent’anni di continua gavetta, ho trovato il coraggio di lasciarmi ispirare da quei racconti di infanzia che dopo la scuola accendevano come raggi di sole le mie ore pomeridiane. Chinata su un quaderno in una casa bianca con giardino, in un angolo anonimo della periferia milanese. Felice.

Oggi continuo a scrivere articoli, analisi, reportage e la rubrica Osservatorio Asia per il mensile Popoli e Missione, una lunga collaborazione cominciata nel 2007. E dal novembre 2021 realizzo approfondimenti sull’Asia e sull’attualità internazionale per la rivista online Atlante di Treccani; sempre con uno sguardo ai volumi enciclopedici in cui mi immergevo da ragazzina alla ricerca di risposte.

con chi collaboro

Fotoreporter e Giornalista

Leggi di più

Fotografo e Viaggiatore

Leggi di più

Fotoreporter e Documentarista

Leggi di più

Agronomo impegnato in progetti umanitari e Fotografo

Leggi di più