La filosofa ungherese Ágnes Heller spiega perché l’Islamismo, non l’Islam, è totalitario
Budapest, gennaio 2015. L’analisi lucida e coraggiosa della filosofa Ágnes Heller, che ha ereditato la cattedra di Hannah Arendt a New York, legge gli ultimi tragici fatti di Parigi, il terrorismo e le guerre contemporanee. “Ho vissuto sotto due sistemi totalitari e ne so riconoscere uno nuovo”, dice Heller, 86 anni, ricordando le persecuzioni subite dai nazisti, che deportarono e uccisero il padre ebreo, e successivamente dal regime comunista di Budapest.
L’ex allieva del filosofo marxista György Lukács, dal quale si distaccò abbracciando la visione di una ‘Nuova Sinistra Ungherese’, ricorda la sua storia di lotta per la libertà di pensiero, pagata a caro prezzo, dalla condanna a morte ricevuta quando era ancora una ragazzina all’esilio da adulta.
La pensatrice, una delle più importanti del nostro tempo, chiarisce cosa è empio: “Uccidere in nome del sacro è blasfemo”, e aggiunge: “Gli islamisti stanno conducendo una guerra non santa”. A rischio, dunque, sono tutte le libertà e tutti i diritti civili su cui si basano le democrazie, anche la libertà di culto dell’Islam stesso. Secondo Heller, non bisogna cadere negli errori del Ventesimo secolo, come quello di ritenere un intero popolo colpevole di un sistema totalitario.
Nel giorno della Memoria, in cui si commemorano le vittime dell’Olocausto, Heller ci aiuta a dipanare la confusione in cui versa l’Occidente, tra giovani ‘foreign fighters’ pronti a uccidere perché eccitati dalla violenza e nuovi xenofobi che strumentalizzano il terrore, invocando barricate contro l’immigrazione.
Ecco la lezione di Heller per un mondo più civile
Cos’ha provato sapendo del massacro a ‘Charlie Hebdo’ e dell’assalto al supermercato ebraico Kosher?
Mi sono sentita come ogni persona normale: atterrita. Tuttavia, non per me stessa, ma per il nostro mondo. Che cosa ci sta per accadere?
Che cos’è per lei la libertà oggi, in questo mondo complesso e globalizzato?
Allo stesso tempo, in qualche modo, mi aspettavo qualcosa di simile, conoscendo la natura del totalitarismo. Ho vissuto sotto due sistemi totalitari e riesco a riconoscerne uno nuovo quando lo vedo. Non c’era alcun dubbio nella mia mente che l’Islamismo fosse la più nuova manifestazione e tipologia di totalitarismo. Presenta insieme tutte le caratteristiche del totalitarismo che ha preso corpo in uno Stato o in un movimento. Ha un’ideologia fondamentalista, genera fanatismo, individua o addirittura costruisce il ‘nemico’ come espressione del ‘male’, usa il terrore come sua principale arma per suscitare obbedienza o paura, diffonde odio contro ogni forma di libertà, e dichiara questo terrore contro il ‘male’.
Ogni libertà.
Sì, mi riferisco a tutti i tipi di libertà. Conducono (gli islamisti, ndr.) una guerra non-santa contro le libertà di religione, di espressione, di stampa, dell’individuo, di libera scelta, ecc. E credono che ciò che fanno non solo è giustificato, ma anche virtuoso, rispetto a tutti gli altri che sono il ‘male’. Combattono contro i moderni modi di vivere, ma impiegano la tecnologia moderna, persino la più innovativa. Vorrei precisare che l’attuale movimento totalitario, sostenuto da vari Stati, è l’Islamismo, ma non l’Islam, come religione. L’Islamismo, come ideologia e pratica totalitaria.
Gli europei lo sanno secondo lei?
Poiché il totalitarismo del Ventesimo secolo non fu importato, ma ‘inventato’ in Europa, è ancor più importante che gli europei non cerchino di ‘capirlo’ come fecero nel corso del 1900. O meglio, una volta comprese le sue cause e le sue motivazioni, bisogna respingerlo in modo assoluto, senza mitigare la nostra considerazione della sua ideologia, della sua organizzazione e della sua pratica. Non si dovrebbe cadere ancora in una delle trappole del Ventesimo secolo, ritenendo un intero gruppo di persone, un’intera religione (in questo caso l’Islam), responsabile dei crimini del totalitarismo. Non si deve, ad esempio, fermare l’immigrazione.
Dopo la tragedia di ‘Charlie Hebdo’, ci sono state molte polemiche sulla libertà d’espressione. Si è parlato di responsabilità della satira e alcuni hanno addirittura incolpato di blasfemia le vittime del giornale satirico francese. Papa Francesco ha parlato di «provocazione». Di questo passo si finirebbe con condannare cartoni animati, artisti, pratiche comuni in Occidente, e non solo.
La libertà di stampa è una delle libertà fondamentali di una democrazia liberale. La pubblicazione di caricature è solo una manifestazione di questa libertà. Certamente, potrei dire che a volte è ‘questione di gusto’. La caricatura di una vittima e quella di un assassino non manifestano lo stesso livello di senso morale. Io non proibirei la prima delle due, anche se non la approvassi. Mentre, approverei fortemente la seconda. E’ di cattivo gusto scherzare di qualcosa che altri considerano sacro. Ma se qualcuno uccide in nome di ciò che è sacro per lui, una sua caricatura o parodia sono espressioni giustificate di quell’orrore. La caricatura di Maometto di ‘Charlie Hebdo’ non è una caricatura della religione islamica, ma dell’ideologia totalitaria che uccide in nome di Maometto. E’ una caricatura del terrore.
Un terrore empio?
Sì. Uccidere in nome del sacro è una blasfemia. I totalitarismi creano barbari, ovvero persone che non solo uccidono, ma che anche applaudono l’assassinio e adorano gli assassini. Chi non vede la differenza, ha deciso di essere cieco.
La sua storia
Lei ha pagato un duro prezzo come libera pensatrice, nella sua vita privata e nel suo lavoro. Ha mai limitato la sua libertà ‘per una buona ragione’?
Tutti noi lo abbiamo fatto molte volte. Persino in una situazione di estrema costrizione, hai la libertà di libera scelta: per esempio di suicidarti. In realtà, siamo sempre prigionieri in qualche modo, anche se non estremo. Dovremmo sempre dire la verità a qualcuno che ne sarebbe offeso, o forse addirittura annientato, o ancora che non vuole sentirla? Siamo liberi di farlo, non ci accadrebbe nulla di sbagliato se lo facessimo. Oppure, se ci troviamo in uno stato di estrema costrizione, non fisica ma psicologica, non sarebbe meglio non fare ciò che siamo liberi di fare? Qualsiasi cosa scegliessimo, A o B, limiteremmo la nostra libertà. Potremmo anche non riferirci alla libertà, ma ai diritti civili.
Cosa le accadde in Ungheria, prima sotto il Nazismo e poi sotto il Comunismo?
Ho vissuto per molto tempo in condizioni dove i diritti civili non esistevano, neanche formalmente. Non si può praticare qualcosa se non ne esiste la pratica. In quelle circostanze ho cercato di dare voce alla mia opinione politica in modo relativamente libero; per esempio parlando alla stampa straniera. Eppure, in tali situazioni, non mi sono mai espressa in modo completamente libero, perché cercavo di evitare – almeno – la prigione. Una persona considera sempre i rischi. Ho rischiato il mio lavoro (e l’ho perso) e molte altre cose per aver parlato liberamente in un mondo non libero, ma non ho rischiato tutto.
E adesso?
Ora sono anziana, non ho un lavoro da perdere e ho anche la libertà di parlare liberamente in pubblico, nonostante alcune restrizioni. Uso questa libertà per criticare le severe limitazioni di tutti i diritti nel mio Paese (l’Ungheria, ndr.). In questo caso non mi limito, ma lo faccio ancora per altre cose.
Dove ha trovato la forza di difendere la sua libertà di pensiero?
Difficile rispondere. Ci sono così tanti ‘fattori’ da considerare. Per primo, forse, la mia ‘natura’originaria. Sono stata una bambina ribelle, che non tollerava mai l’autorità, semplicemente perché essa mi dava degli ordini. Secondo fattore: mio padre, che era un moralista e non credeva nella Kantiana «legge morale dentro di noi». Terzo: sono stata condannata a morte quando avevo 14 anni, senza sapere quando mi avrebbero ucciso. Dopo una tale infanzia, non riesci più a preoccuparti di molte cose, soprattutto della morte.
Quarto aspetto: la filosofia?
Si può mentire in pubblico, sulle proprie convinzioni o dottrine se sei un medico, un attore o un capo. Ma non se sei un filosofo. Non negare ciò in cui credi vero é semplicemente una questione di auto-difesa, o di difesa della propria personalità, della propria vita, del proprio futuro. Puoi cambiare opinione sulla verità, ma sempre, in ogni situazione, devi dire ciò che ritieni vero, continuare a sostenerlo e prendertene la responsabilità. Correrai un rischio molto più grande rinunciando a questa tua verità che a qualsiasi altra cosa. Ciò è quello che noi tutti abbiamo imparato dal ‘padre fondatore’ del nostro mestiere: Socrate.
Qualche hanno fa mi ha spiegato che la democrazia non è naturale, ma che dobbiamo costruirne le fondamenta ogni giorno. Quanto è importante la laicità contro il fanatismo e il totalitarismo? E’ vero che è difficile costruire la democrazia in società a maggioranza cristiana, musulmana, buddista, induista, ebraica, non ancora secolarizzate?
La democrazia è difficile, poiché la modernità, contrariamente alle società pre-moderne, non ha fondamenta solide. Si può dire che la modernità è basata sulla libertà, ma essa è un pilastro che non regge da solo. La base della democrazia moderna è questa frase: «Tutti gli uomini sono nati liberi, egualmente dotati di ragione e coscienza, e con uguali diritti». Ma affinché questa frase funzioni come pilastro, servono cittadini che credono in essa, che la sostengano e che si prendano la responsabilità per essa. La democrazia va riconquistata ogni giorno.
E la Laicità (Secularism, nella versione originale, ndr.)?
Può significare più cose. Se intendiamo che i cittadini non possono essere religiosi, non ha senso. Si può presupporre che tutte le persone religiose siano sicure che il loro credo sia l’unico vero (è quello che normalmente fanno), ma ciò non impedisce loro di essere cittadini devoti nel loro Paese democratico. Se, invece, ci riferiamo a una stretta separazione tra religione e Stato, essa è assolutamente raccomandabile per diversi motivi. Innanzitutto, quando diverse religioni convivono in uno Stato, quest’ultimo non deve preferirne una o più fra loro. Inoltre, la politica nuoce alla fede, trasformando una questione dello spirito in una questione materiale (finanze, influenza). Infine, se Laicità vuol dire assenza di fondamentalismo, sono completamente d’accordo. Ogni forma di fondamentalismo danneggia il corpo della politica in un Paese democratico.
Come?
Credere che la propria religione sia l’unica detentrice della verità non è fondamentalismo, ma oltraggiare le altre religioni, o l’ateismo, o l’agnosticismo definendoli «maligni», mina la democrazia e ne pronostica un destino tragico.
L’analista francese Olivier Roy, lo scorso novembre, mi ha detto che i cosiddetti ‘foreign fighters’ non sono il prodotto delle banlieux e dell’esclusione sociale, ma una nuova generazione di giovani perdenti attratti dalla violenza. Qualcuno li ha paragonati ai terroristi comunisti degli anni Settanta. Lei, che è anche insegnante, come vede questi ragazzi?
Il totalitarismo ha sempre reclutato i suoi primi fanatici fra i giovani che non avevano prospettive di vita. Se studiamo la storia del Fascismo, del Nazismo o del Bolscevismo riscontriamo sempre questo aspetto: giovani delle classi inferiori, o di gruppi declassati che non hanno l’opportunità di studiare, o di gruppi etnici con talenti e ambizioni che però non possono accedere alla politica, o altri senza obiettivi e ispirazione all’interno di una società borghese, non per forza senza istruzione, anzi…Proprio come accade oggi.
Fanatismo religioso, perdita dell’empatia
Che cosa c’è di nuovo?
L’elemento della guerra di religione. Dopo la Pace di Westfalia (1648, ndr.) in Europa non ci sono più state guerre di religione, ma guerre fra Nazioni. Con pochissime eccezioni, non ci sono Stati-Nazione coinvolti nelle regioni dell’attuale conflitto. Le guerre di religione hanno sostituito, ancora una volta nella Storia, quelle fra Nazioni. Perciò, assistiamo a un nuovo ‘internazionalismo’. Giovani volontari pronti a morire in luoghi dove non hanno radici, in movimenti nati altrove. Non dovremmo dimenticare che in tempi di pace durevole, quando si vive prosaicamente, cresce la spinta verso l’avventura, il rischio della vita stessa, il pericolo, lo spargimento di sangue; sia nei ragazzi che nelle ragazze. Guardare la violenza sullo schermo della tv può non soddisfare questo desiderio di uccidere, cioè ‘thanatos’ (dal greco antico: la morte, ndr.) nell’anima. Alcuni vogliono partecipare ai fatti reali, soprattutto se non si sentono virtuosi ed eroici.
Che cosa può fermarli?
La psicologia non spiega tutto, ma illumina per alcuni aspetti. Può suggerirci chi sono i buoni democratici, altri obiettivi. Come impedire a un individuo di andare nella direzione sbagliata? Con l’insegnamento? Certo, ma non solo a delle competenze pratiche, anche spirituale. Se qualcuno desse retta a me (ma nessuno lo farebbe), proporrei la poesia e la filosofia. Si potrebbe parlare a questi giovani disorientati, facili prede del terrorismo, come Socrate parlò ai giovani ateniesi. Scoprano per se stessi innanzitutto cosa intendono dire quando dicono qualcosa e cosa fanno quando fanno qualcosa.
Scegliere di essere una persona buona. Provare empatia e tenerezza. Vivere in una società gioiosa. Sembrano cose d’altri tempi, spesso schernite. Come recuperarle e diffonderle?
Diventare una persona buona è sempre possibile, benché mai troppo facile. In una democrazia liberale moderna ci sono diverse tentazioni rispetto ai tempi pre-moderni o a uno Stato totalitario. Il meglio che possiamo fare come cittadini è difendere e rinnovare la democrazia liberale ogni giorno, restando consapevoli dei pericoli che ne minacciano continuamente la sopravvivenza: trascuratezza dei suoi valori, fatica, indifferenza alla povertà, disprezzo per la collettività e la politica. E il meglio che possiamo fare per il nostro benessere personale, è imparare a resistere alle tentazioni banali del nostro tempo, come ottenere una promozione, guadagnare di più, raggiungere una maggiore notorietà. Possiamo sforzarci di non cadere nei tipici vizi della democrazia, ovvero l’invidia, la vanità; e praticarne le tipiche virtù, come il coraggio civico e il pensiero indipendente.
Di Francesca Lancini
27 gennaio 2015 * Ágnes Heller è nata a Budapest il 12 maggio 1929 ed è morta a Balatonalmádi il 19 luglio 2019