Young in Taiwan: Giovani come la loro democrazia
I ragazzi di Taiwan sono giovani e dinamici come la loro democrazia.
Nel 1996 si tengono le prime elezioni presidenziali libere. E a partire dal 2000 il sistema democratico si è sempre più rafforzato nel rispetto dei diritti umani e civili.
Chi ha tra i 15 e i 30 anni è nato e cresciuto in un periodo di trasformazione veloce della società taiwanese. Da una parte, ha memoria fresca della dittatura attraverso nonni e genitori. Dall’altra, è espressione vibrante della contemporaneità.
Ragazzi naturalmente hi-tech
Nel distretto hi-tech di Hsinchu, chi vi lavora non è arrogante ma accogliente, rilassato, semplicemente smart. Non esiste la boria della Silicon Valley nordamericana. Nella patria asiatica di ingegneri visionari e dei loro microchip avanzati, i giovani taiwanesi convivono in modo naturale con la tecnologia. È qualcosa di cui si servono nella vita quotidiana, non una competenza di cui vantarsi.
A Taiwan il dialogo fra tradizione e innovazione è continuo. La dualità dello yin e dello yang dell’antica filosofia cinese e del taoismo si esprime in una gioventù laica, concreta ma anche idealista.
Giovani tra i più studiosi del mondo
I figli spesso patiscono le pressioni dei genitori che vogliono ancora decidere per loro, quale scuola, quale lavoro e in alcuni casi quale partner. Al tempo stesso, hanno una fame genuina di conoscenza e realizzazione. Il 95% dei diplomati si iscrive all’università e oltre l’80% si laurea. Una percentuale altissima – a fronte di minori iscrizioni – rispetto al 40% degli Stati Uniti, il 56% della Gran Bretagna e il 29% dell’Italia.
Da metà anni Novanta il numero di atenei e college è passato da 60 a 145. Tuttavia, come in tutte le società avanzate e altamente istruite, è precipitata la natalità con un tasso di fertilità per donna dello 0,87% ed è cresciuto all’11% il tasso di disoccupazione giovanile.
Figli di un’isola multiculturale
I ragazzi taiwanesi incarnano il mix di culture locali e che arriva da Giappone, Corea del Sud, Cina e Nordamerica. Lo si vede nei manga – come il Bugcat Capoo, che colorano negozi, strade, prodotti di ogni genere anche farmaceutici. Lo si scopre passeggiando per il quartiere pedonale Ximending di Taipei, tra negozietti all’ultima moda, K-pop ad alto volume, cinema, locali LGBQTI+, sale-giochi e templi antichi. E visitando i nuovi distretti culturali, dove con la tecnologia si sperimentano avanguardie musicali e cinematografiche.
Liberi e democratici difronte alle minacce cinesi
Rispetto alle minacce del regime cinese di invadere Taiwan, i giovani sono sempre più preoccupati. Nessuno vuole la guerra, ma neanche ritornare sotto una dittatura come è accaduto a Hong Kong. Che cosa ne sarebbe della loro libertà? “La democrazia è come l’ossigeno”, dicono alcuni ragazzi incontrati all’Università cattolica ma laicissima Fu Jen, a Nuova Taipei City, trasferita sull’isola quando il regime di Mao Tse Tung cancellò la libertà di credo nella Repubblica Popolare Cinese.
Stress scolastico, paure e salute mentale, il progetto di alcuni prof
In questo campus modernissimo, un gruppo di missionari insegna varie lingue straniere e si occupa del benessere psico-fisico degli allievi. Il progetto si chiama “club dell’amicizia” e vuole aiutare i ragazzi a conoscersi meglio e ad affrontare i propri disagi in un momento delicato della loro crescita e del loro Paese.
Le famiglie hanno aspettative molto elevate verso i figli che, come in Giappone e Corea del Sud, soffrono di stress da performance scolastica fin da piccoli con effetti spesso tragici.
Al tempo stesso, Taiwan taglia quasi perpendicolarmente il Tropico del Cancro in una delle zone più sismiche del pianeta, dovendo reggere a frequenti terremoti e a fenomeni metereologici sempre più violenti a causa dei cambiamenti climatici.
La paura più grande, di un conflitto o di uno strangolamento economico propagandato dalla Cina continentale, incide sull’equilibrio di una gioventù ben conscia che i diritti di cui godono sono stati conquistati dalle generazioni precedenti dopo quarant’anni di lotte e sacrifici.
Queste sono le storie di alcuni studenti e la testimonianza di un italiano, padre Emanuele Angiola della Fraternità San Carlo, che dal 2011 insegna la nostra lingua alla Fu Jen ed è un profondo conoscitore dell’universo cinese.