Laurie Anderson. Voglio aiutare i giovani che lottano contro i cambiamenti climatici
Emergenza climatica, condizione femminile e linguaggi contemporanei.
Una conversazione unica con l’artista Laurie Anderson, in occasione del festival Terraforma.
Intorno al tavolo antico, in un torrido pomeriggio di luglio, Laurie Anderson si muove a grandi passi negli stivaletti da cowgirl. Lentamente avanza, con un sorriso, in uno dei saloni della settecentesca Villa Arconati, alle porte di Milano, la piccola Versailles nascosta nella campagna incolta del parco delle Groane. A 72 anni, l’artista poliedrica nata in una cittadina dell’Illinois, che ha attraversato mezzo secolo di avanguardie americane e non solo, è capace di condurti in un tempo indefinito. I suoi capelli sono sempre a spazzola, come da ragazza. I tratti del viso appaiono quelli delicati degli anni Settanta, quando – dopo gli studi di violino e scultura – cominciava a esprimersi nelle performing arts con le sue installazioni e composizioni musicali, scritte, visuali, digitali.
L’indomani Anderson si esibirà nei giardini storici su un palco “sotto il cielo notturno”, nato dalla collaborazione di due festival, il più giovane e sostenibile Terraforma e il trentennale Villa Arconati music festival. “Sono felice di essere a Terraforma”, dice togliendosi i piccoli occhiali a specchio. “Un festival dove puoi esprimerti con la musica e al tempo stesso parlare di ecologia. La terra sta collassando. Serve una mobilitazione planetaria. Stiamo andando verso una ‘guerra’, dobbiamo prepararci, ma quasi nessuno lo fa”.
Con la sesta edizione, gli ideatori di Terraforma hanno proseguito nel progetto di riqualificazione del bosco di Villa Arconati-FAR, intervallando concerti e dj set a dibattiti sui cambiamenti climatici. Le parole di Anderson si fanno a tratti dure, dark, come i muri di suono (catartici) che l’indomani proporrà sul palco grazie al consueto violino tape-bow da lei stessa ideato, a una tastiera e all’accompagnamento del violoncellista di origine albanese Rubin Kodheli. “La storia, probabilmente, viaggia verso l’estinzione. Il futuro si prospetta terrificante. Non siamo mai stati costretti a pensare alla fine della vita, ora sì. Per questo voglio aiutare i giovani che si occupano di ambiente. Per questo sono qui”.
“Ascoltiamo Greta Thunberg”
Laurie Anderson ha dichiarato pubblicamente che Greta Thunberg, la giovane attivista svedese che si batte contro i cambiamenti climatici, è una delle sue eroine del momento: “Lei ha il merito di guardare in faccia la realtà anche se si prospetta molto dolorosa. Sta cercando di ottenere l’attenzione di chi vorrebbe girarsi dall’altra parte e lo fa in modo molto positivo. Sa veicolare, anche attraverso i social, concetti complessi con un linguaggio diretto”.
L’icona Anderson della sperimentazione tecnologica e linguistica, che è stata capace di sintonizzarsi con epoche molto diverse, ammette: “Vorrei imparare a usare Twitter in maniera più intelligente”. Anche il neurobiologo e studioso di piante Stefano Mancuso, a Terraforma, tornerà sul tema dell’estinzione di come resisterle usando meglio – noi esseri umani – il cervello.
Inevitabilmente, il discorso si sposta sulla condizione femminile. Non ha visto il documentario Femministe: Ritratti di un’Epoca (Feminists: What Were They Thinking?) dove lei stessa compare insieme all’attrice Jane Fonda e molte altre femministe, in onda su Netflix, ma poco importa: “Noi donne siamo ancora considerate degli esseri inferiori”, spiega andando dritta al cuore della questione. Cosa possiamo fare contro discriminazione e abusi? La risposta viene dal suo studio decennale del buddismo, ma anche dal tai chi praticato col marito e leggenda del rock Lou Reed, scomparso nel 2013. “Dobbiamo imparare ad annientare la violenza altrui, trasformandola in qualcosa di positivo per noi”, risponde mimando un’aggressione e come salvarsi da quest’ultima.
La sera successiva, a conclusione dello show per Terraforma The language of the future, un format che reinventa dal 1977, si cimenterà – con effetto sorpresa – in diversi minuti di danza e meditazione marziale. L’amore della vita, Lou Reed, sembra trasfigurarsi in lei che, come nell’intervista che segue, riesce sempre a mantenere un controllo sull’orlo del precipizio, un equilibrio fra dolcezza e fermezza, un centro che gravita tra distacco e impegno, un legame sottile e mai sbandierato dell’arte con la politica.
Nello spettacolo esplora il linguaggio e il tempo. Come valuta questo eterno presente a cui ci agganciano le chat, i social network, persino la propaganda politica che si esprime sempre più con i post?
Possiamo vedere il presente da diverse prospettive. Per i buddisti è l’unica dimensione temporale. “Non tornare nel passato, non andare nel futuro. Allena la tua mente a stare nell’adesso”. Ho iniziato a studiare questa profonda visione dell’esistenza negli anni Settanta e tuttora la metto in pratica. Il mio show per Terraforma avviene in un presente assoluto. Ho aperto le porte al qui ed ora, improvvisando e creando qualcosa che non si può ripetere due volte. Anche nella musica, ogni performance non è mai uguale a se stessa.
Il linguaggio istantaneo dei social può essere profondo?
Mi piacerebbe trovare il modo di usare twitter in un modo più positivo e interessante. Non per il gossip o altre cose inutili, dovremmo considerare i social come degli attrezzi da maneggiare meglio.
Quanto sono importanti per lei il passato, ovvero le radici, e il futuro, come immaginazione di un’alternativa?
Ho sempre amato la storia. Sono stata ispirata da artisti del passato. Ho cercato di capire in quale contesto culturale vivessero. Riguardo al futuro, forse siamo fra gli ultimi esseri umani a poterlo pensare, vivere. La storia, probabilmente, viaggia verso l’estinzione. Il futuro si prospetta terrificante. Qualche giorno fa c’erano 49 gradi a Parigi. Il 60 per cento degli insetti potrebbe essere estinto fra cinquant’anni. Se ciò accadrà, l’intero ecosistema del pianeta collasserà. Forse, anche per questa ragione, molta gente usa i social in modo compulsivo e si focalizza sull’istante, perché ha paura. La verità su ciò che ci aspetta è molto dolorosa. Non siamo mai stati costretti a pensare alla fine della vita sulla Terra, ora sì. Tuttavia, la catastrofe non è inevitabile. Noi esseri umani abbiamo un’incredibile responsabilità, ma non è solo con la tecnologia che ci salveremo. Dobbiamo, innanzitutto, comprendere chi siamo.
Ha detto che Greta Thunberg è una delle sue eroine del momento. Perché?
Perché sta lavorando duramente per avere l’attenzione delle persone. Guarda con coraggio al futuro. Sa cosa l’aspetta, che la sua generazione soffrirà moltissimo, ma non si tira indietro. Ha un atteggiamento molto positivo. Ecco, lei twitta di continuo, ma per un buon motivo. Usa molto bene il linguaggio, facendo passare concetti difficili in modo diretto. Spero che Greta ce la faccia. Serve una mobilitazione planetaria. Stiamo andando verso una “guerra”, dobbiamo prepararci, ma nessuno lo fa. È per questo che sono venuta a Terraforma.
Ci spieghi meglio…
Sostengo le persone che si occupano di ecologia, che cercano di portare l’attenzione sull’ambiente, che parlano finalmente di estinzione. Voglio aiutare chi pretende di credere nelle proprie illusioni.
Come adulti abbiamo la responsabilità di sostenere i giovani?
Dobbiamo insegnare loro qualcosa che possano amare. Rivolgerci a loro in modo positivo, ma anche realista. Non è giusto farli crescere in una favola. Solo così possiamo aiutarli a trovare le loro strade. Alle giovani madri direi di non essere troppo rigide. I bambini sono aperti, curiosi. Spero che le nuove generazioni siano più libere.
Greta è stata attaccata perché è una ragazza che rompe gli schemi. Sono ancora tempi duri per le donne e le bambine?
Sì, negli Stati Uniti vedo ancora poche donne al Congresso, pochissime a dirigere aziende, in ruoli di potere. Sembra non interessare più una cosa importante e speciale: le donne sono naturalmente diverse. Non sono solite prendere un’arma e uccidere. La loro natura è unica, perché è pacificatrice, generalmente non violenta. Bisogna ricordarsi che la violenza è sempre, sempre, senza eccezioni, inaccettabile, persino se uno ti attacca con un coltello. Se io fingo di accoltellarti, tu cosa fai?
[Anderson mima il gesto, ndr]
Ti tiri indietro, cerchi di scappare. Bene. Prova tu ad accoltellarmi.
[Prende il mio braccio con fermezza e lo abbassa, ndr]
Ho usato la tua forza per eliminarla. Non ho cercato di resisterti. Fuggire dalla violenza, mettersi in sicurezza, è la scelta migliore. Ma se non puoi farlo, devi trasformare il peggio che ti possa capitare in qualcosa di buono per te. Le donne hanno bisogno di analizzare le situazioni ed imparare a usarle in un modo più efficace.
Anche nella lotta per salvare la Terra?
Certamente. Greta è discriminata perché le femmine sono ancora considerate esseri inferiori ai maschi. Verso gli uomini c’è una certa likeability, una simpatia non ufficiale. Si esprime così: “Mi piace quel ragazzo. He’s a good guy. Mi è simpatico”. Questo test informale viene fatto solo ai maschi nei contesti di lavoro, mai alle femmine. Non si dice di una ragazza che è una persona piacevole. Fin da quando siamo bambine collezioniamo una serie di “no, no, no, no, no”. Un altro esempio: i maschi non condividono mai il potere, mai. Se lo vogliono, se lo prendono e basta. Noi non siamo in grado.
Ha incontrato ostacoli nella sua carriera di artista perché donna?
È stato tutto un ostacolo, tutto, ogni cosa che ho fatto. Ma non mi sono mai concentrata su questo. Pensavo a quanto era bello quello che stavo facendo. Cercavo di appagare la mia curiosità e basta, senza curarmi dei giudizi altrui. E non ho mai provato ostilità a priori. Adoro gli uomini e adoro le donne.
Lei ha lavorato con tantissimi artisti, impossibile citarli tutti. Perché oggi questo desiderio di comunità fra creativi sembra essere venuto meno?
Perché viviamo in un mondo malato di denaro. Il business è la priorità ovunque, nel sistema educativo, sanitario, politico. La cultura non conta più. Ti dicono grazie per aver creato qualcosa, poi ti mettono un marchio e ti vendono.
Le mancano le comunità di un tempo?
No, cerco di non sentire l’assenza di nulla. Provo ad apprezzare ciò che mi circonda ora, nel presente.
Se consideriamo il linguaggio come un ecosistema in pericolo, quali parole salverebbe?
Le parole non hanno bisogno di mangiare o dormire. Per esse non ci sono limiti. Credo di poter dire che amo tutte le parole. Tuttavia, c’è un tipo di linguaggio che non apprezzo, quello militare usato anche negli affari. Un gergo che esprime una corsa all’efficienza, con espressioni come battleground, campaign, attack.È folle. Non stai combattendo una guerra, ma stai seduto in ufficio. È un lessico molto macho e non democratico. Ridicolo. Assurdo.